COMUNICATI STAMPA

NO ALLA FIERA DELLE GUERRE E ALL’ECONOMIA DEL GENOCIDIO

NO A UN MARE DI GUERRA

SULLA GIORNATA DEL 4 NOVEMBRE
(comunicato del gruppo di lavoro scuole)
La Spezia, 27 ottobre 2025

All’attenzione di docenti e dirigenti delle scuole  della provincia della Spezia

Come attivisti/e e del comitato ‘Riconvertiamo Seafuture- Restiamo Umani, nelle scorse settimane siamo scesi in piazza per opporci a Seafuture, a sostegno della Global Sumud Flotilla e contro il genocidio in atto in Palestina.
La straordinaria partecipazione alle manifestazioni, compresa l’occupazione per una settimana di piazza Chiodo, ha permesso un eccezionale allargamento della riflessione sulla guerra e sul ruolo svolto dagli apparati industriali della Spezia, dalle fabbriche e dal porto. Le assemblee pubbliche dell’acampada, il dialogo con i moltissimi/e cittadini/e che abbiamo incontrato, hanno messo in luce un forte bisogno di comunità e di partecipazione popolare; una voce collettiva che ha rovesciato una narrazione pubblica non in sintonia con i bisogni reali delle persone.
La propaganda in cui siamo immersi sempre più ci orienta al riarmo e alla guerra globale, indicata come inevitabile prospettiva del nostro futuro prossimo. Particolarmente a scuola, non possiamo accettare questo genere di destino che altri hanno immaginato per noi. Ecco perché, alla vigilia delle rituali celebrazioni della “Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate” del 4 novembre, nel mezzo di una crisi storica internazionale che calpesta il diritto e genera  guerre  e  genocidi, ci   sembra necessaria e doverosa una presa di posizione pubblica delle scuole riguardo un anniversario che intende unire – peraltro in modo assai discutibile –  la memoria della prima guerra mondiale all’unità nazionale e che si annuncia carico di infondata e pericolosa retorica bellicista, piuttosto che limitarsi a una più sobria e opportuna riflessione sull’inaudito massacro della “Grande guerra”.

Chiediamo a docenti, dirigenti, studentesse e studenti di non prestarsi a strumentalizzazioni in chiave dichiaratamente nazionalista e di non partecipare all’evento. 

Ci piacerebbe, infatti, che il 4 novembre cessasse di celebrare una “vittoria” ottenuta con una carneficina senza precedenti, principalmente a spese di milioni di ragazzi inconsapevoli e ingannati con la promessa truffaldina di un futuro benessere; che si cessasse di utilizzare la medesima retorica che insisteva a dichiarare “italiani” territori meticci, e così ne giustificava la conquista, ottenuta con una guerra di aggressione costata milioni di vittime. La propaganda militare di ieri e di oggi esalta la rassegnata obbedienza di soldati letteralmente costretti a combattere e mandati al macello; si celebrano la “vittoria” e la “forza” come valori civili, piuttosto che considerarne le conseguenze e leggervi la premessa di un durissimo dopoguerra e del precipitare del paese nella dittatura fascista. Ma sono gli anonimi protagonisti di quella guerra a raccontarne la cruda realtà nei loro diari e nelle loro testimonianze: vorremmo che fossero queste ultime a essere ricordate; vorremmo che il tratto della violenza di milioni di maschi che si massacrarono nei numerosi teatri di guerra diventasse riflessione sul significato della firma dell’armistizio da parte dell’Italia.
Vorremmo cogliere questa occasione affinché la scuola rafforzi il suo ruolo di laboratorio di pace, presidio di inclusione e rispetto tra i popoli, comunità che, per volere dei costituenti antifascisti che fecero nascere la Repubblica, ripudia la guerra. Per tutto questo ci auguriamo che le nostre scuole esprimano pubblicamente la consapevolezza che in quella “vittoria” non c’è proprio nulla da celebrare, ma tanto su cui riflettere. 

Invitiamo nel contempo tutte/i le e i docenti a partecipare al corso di formazione “La scuola non si arruola”, promosso dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle Scuole e delle Università, che si svolgerà proprio la mattina del 4 novembre (tutte le informazioni sul sito dell’Osservatorio https://osservatorionomilscuola.com/) e a seguirci nelle mobilitazioni che saranno organizzate per il pomeriggio. 

 

SPEZIA CAPITALE DEI DISASTRI AMBIENTALI
La Spezia, 17 ottobre 2025

Apprendiamo con stupore che la nostra amata città sarà sede del primo Forum internazionale “Prendersi Cura della Terra” che vede tra i promotori il Comune della Spezia il quale, trionfalmente, annuncia l’evento chiamando a raccolta scienziati, accademici e scuole del territorio.

Forse è un’iniziativa di svolta, in una delle terre più inquinate e compromesse sotto il profilo delle nocività? Oppure è una delle tante parate che nascondono i problemi sotto al tappeto, dando una tinteggiata di sostenibilità, che così è più alla moda? Considerato l’uso sconsiderato di colori come il blu ed il verde, come diceva quel tale, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci s’azzecca.

La nostra città è martoriata da infinite violazioni degli accordi di Parigi (2015), vittima di innumerevoli disastri ambientali a partire dalla discarica di Pitelli, dalla pseudo bonifica dell’ex area IP , dalla presenza dell’unico rigassificatore a terra d’Europa, delle aree dei carbonili ENEL, dalla mostruosa quantità di amianto, dai navigli rottamati e dai rifiuti tossici presenti nell’Arsenale della Marina militare, dalla prospettiva di ampliamento del molo di rifornimento del carburante militare del POL NATO, dall’impatto del porto commerciale ma, soprattutto, dalle emissioni tossiche delle navi crociera in esponenziale aumento. Come si può dimenticare che proprio il porto della Spezia fu al centro dell’inchiesta sulla rete capillare di un traffico internazionale di rifiuti tossici, sulle cui tracce persero la vita Miran Hrovatin e Ilaria Alpi?

Com’è possibile che una realtà così critica sia presa a modello come “Capitale mondiale dell’ecologia”? Forse gli scienziati di ESA (Ecological Society of America) sono stati vittime di un colossale abbaglio, per non rendersi conto che il nostro golfo, che fu dei poeti, da più di settant’anni si è trasformato nel golfo dei veleni. Senza contare l’impatto dell’ indotto, come quello della produzione del polo armiero, i cui prodotti sono strumento di morte e devastazione degli ecosistemi marini e terrestri del nostro pianeta. Non sarebbe più realistico che gli esperti studiassero le criticità della Spezia per condividere azioni di soccorso verso un territorio tanto aggredito?

Desta profondo sconcerto che di fronte ad un quadro così drammatico i nostri amministratori, sindaco Peracchini in testa, credano di poter nascondere l’espropriazione e la cementificazione di un territorio tanto fragile e problematico come quello del levante ligure, dove le risorse sono dirottate verso i settori privati dell’industria e del turismo.

Queste sono soltanto alcune delle riflessioni che vorremmo porre all’attenzione del nostro sindaco, Pierluigi Peracchini, nella speranza che sappia sostituire queste operazioni di marketing e di scivolamento nella pratica del greenwashing con un impegno molto più serio, proprio della funzione di massima Autorità Sanitaria che egli riveste in quanto Sindaco di questa città, che gli impone di salvaguardare la salubrità del nostro territorio e la salute dei cittadini.

Sono gli auspici del sempre più ampio movimento popolare che sta animando le piazze spezzine e che ha deciso di non restare più in silenzio, puntando il dito contro l’ipocrisia dei governi, sia locali sia nazionali e contro l’inerzia della politica che si guarda allo specchio e vede soltanto se stessa, ignorando nuovi possibili orizzonti.

Caro sindaco, noi vogliamo prenderci cura della nostra terra, del nostro mare e per questo, a un mese dalla storica mobilitazione contro Sea Future, la fiera dedicata alla guerra, scenderemo nuovamente in piazza per bloccare la città e tutti i settori complici del disastro ecologico globale, legati a doppio filo con il genocidio in Palestina, con i tanti conflitti in corso nel mondo e con le molteplici violazioni di ogni accordo di Pace.

SPEZIA HA RIPUDIATO SEAFUTURE
La Spezia, 10 ottobre 2025

 

Breve risposta alla Presidente di IBG – Italian Blue Growth

Gentile dottoressa Pagni,
noi del comitato “Restiamo Umani-Riconvertiamo Seafuture” apprendiamo dai media il suo entusiasmo circa il presunto successo della mostra bellica da lei organizzata e denominata con la distopica espressione di cui sopra.
Scopriamo altresì che, dopo il weekend trascorso tra compratori e piazzisti di armi, entrambi asserragliati nella bolla dell’Arsenale Militare popolato dai rappresentanti di stati-canaglia a cui solo per circostanze dell’ultima ora mancavano gli operatori israeliani, impegnati nel genocidio del popolo palestinese e nel respingimento violento e illegale della Global Sumud Flotilla, lei ora ineffabilmente definisce sé stessa “una pacifista” che non comprende come una larga parte della città abbia apertamente contestato l’evento.
Non vogliamo sottrarci a rappresentarle il motivo per cui migliaia di spezzine abbiano sfilato in corteo e occupato per tutta la durata della mostra bellica la piazza antistante il luogo dove avete discusso i vostri affari.
Voi di Seafuture dovete prendere atto che la società civile della Spezia non è più disposta ad accettare una fiera delle armi in città, così come non intende essere complice, con la produzione armiera cittadina, di quelle guerre e genocidi di cui Seafuture si fa propagandista, ignorando il disagio di molti lavoratori, privi di alternative credibili e prigionieri del logoro ma sempre efficace ricatto occupazionale: vi adattate a costruire armi oppure non lavorate.
Nei giorni di Seafuture siete stati costretti a prendere atto che milioni di persone in Europa sono scese in piazza e hanno bloccato le infrastrutture da cui transitano i carichi militari necessari al governo israeliano per radere al suolo Gaza, come abbiamo fatto alla Spezia chiudendo in migliaia, con i nostri corpi, l’accesso al porto commerciale.
Costretta dietro le mura fortificate della cittadella militare spezzina, la rassicurante narrazione dell’eccellenza industriale del polo armiero è stata travolta e oscurata dalle assemblee popolari che a pochi metri da voi, in piazza Palestina libera, denunciavano la pulizia etnica praticata nei territori illegalmente occupati, la caccia al rifugiato in ogni angolo del mondo praticata con gli strumenti militari a cui la sua organizzazione ha fornito una qualificata vetrina. La città vi ha rappresentato in modo inequivocabile che nessuno nel mondo è più al sicuro, neppure voi, se la violenza che rappresentate sostituisce il diritto.
Lei sostiene, alludendo alle contestazioni mosse a Seafuture a motivo dell’invito a Israele, che è sbagliato edificare muri di esclusione. Le ricordiamo che quei muri, d’acqua o di cemento, sono da decenni costruiti e sorvegliati dai militari a cui Seafuture offre la passerella sul tappeto rosso della propria manifestazione.
Lei ha osato farci la morale sul concetto di inclusione e dialogo dopo aver allestito spazi fieristici per gli stati che, per respingere i richiedenti asilo, presidiano in armi i muri a Ceuta, Melilla, nella giungla di Calais, lungo la rotta balcanica, in tutto il Mediterraneo, a nord del Rio Bravo, nella Cisgiordania illegalmente occupata, operano lo sterminio a Gaza e sono presenti ovunque nel mondo là dove i migranti vengono uccisi o respinti indietro, che è lo stesso. E’ vivo in noi il ricordo di Giulio Regeni, il giovane ricercatore vilmente assassinato dai servizi egiziani, un crimine per il quale nessuno ha pagato: troppo importante il business energetico e l’interscambio commerciale per rinunciare alla presenza egiziana alla vostra fiera. Neppure la teocrazia di Bin Salman ha meritato l’esclusione da Seafuture, in ragione di gravissime violazioni dei diritti umani tra cui spicca l’assassinio del giornalista dissidente Khashoggi, fatto a pezzi nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul. Altrettanto dicasi per la Libia, ospite della vostra fiera, la cui famigerata guardia costiera pratica la caccia al migrante in mare per conto dell’Unione Europea e dei governi italiani da quando hanno sottoscritto il noto ” Protocollo “. Vi siete guardati bene dal mettere in discussione la presenza statunitense alla mostra-mercato d’armi, chiudendo gli occhi sulla gigantesca caccia all’immigrato organizzata dagli Usa, sui respingimenti a fucilate dei richiedenti asilo sul confine messicano, sull’applicazione indiscriminata di dazi, anche personali, tra i quali, emblematico, per la sua illegale ferocia, quello applicato alla relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi occupati, la dott.ssa Francesca Albanese.
Gentile dott.ssa Pagni, questi i motivi per cui siamo convinti non solo che la mostra bellica Seafuture debba andarsene da una città che non la vuole ma che debba chiudere per sempre i suoi battenti, a meno che non torni a essere la manifestazione di carattere civile che era all’origine, prima che i trucchetti del ” dual use ” e le convincenti ragioni dei potenti circoli per i quali il denaro non ha mai alcun odore la trasformassero in una fiera della morte. Le promettiamo che impegneremo ogni energia a questo scopo, anche per smascherare il tentativo di accreditare la fiera delle armi presso le scuole e impedire l’accesso alle strutture militari e armiere delle nostre studentesse per l’espletamento dei cosiddetti “percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento”: un inaccettabile tentativo di ottenere un consenso che docenti, studentesse e cittadinanza non sono più disposte ad attribuirvi.

DEFINISCI BANDIERA
La Spezia, 9 ottobre 2025

 

Cosa può una bandiera? Ieri sera, dopo l’ennesimo corteo moltitudinario che con poche ore di preavviso ha nuovamente riempito le strade della città, abbiamo issato la bandiera palestinese lì dov’è rimasta per tutta la settimana passata: nella mano di Chiodo a sostituire la spada, segno di una riconversione alla pace che parte proprio da colui che ha immaginato il più evidente simbolo dell’occupazione militare della città.
A poche ore di distanza da quel meraviglioso momento, con la solita solerzia, le forze dell’ordine eseguono impassibili gli ordini che arrivano dall’alto. Perché spaventa così tanto una bandiera? Perché incute timore averla lì a testimonianza di ciò che è stato? No, anzi, di ciò che è?
Qualcuno crede di poter cancellare la Storia che si dipana di fronte a nostri occhi cancellandone i simboli. Qualcuno crede sul serio che ammainare la bandiera partigiana di Palestina possa consegnarne le emozioni all’oblio. Quel qualcuno non ha vissuto ciò che abbiamo vissuto in questi giorni, è uno stolto ed un illuso. Qualcosa si è risvegliato in tutt3 noi e quel qualcosa si chiama umanità: non la lasceremo più sfuggirci dal corpo nel tram tram della vita quotidiana, non la dimenticheremo.
Volevamo salvare la Palestina, alla fine la Palestine sta salvando noi. È solo l’inizio, ora l’arduo e necessario compito di cambiare il mondo.
Ci vediamo stasera in assemblea alle 18.30 alla palestra di via Castelfidardo in Piazza Brin, ci vedremo a lungo.
LETTERA APERTA ALLA CITTA’

LEVIAMO LE TENDE, PIANTIAMO RIVOLTA

La Spezia, 4 ottobre 2025

 

“Allora questa piazza tornerà ad essere solo una piazza”. 
Così ci diceva uno dei tanti bambini in piazza Palestina libera (ex Piazza Chiodo) ieri, nella giornata di chiusura dell’esperienza dell’acampada. Sì, perché dopo una settimana di riappropriazione di uno spazio pubblico questa piazza da oggi torna ad essere un parcheggio a pagamento e uno svincolo stradale. 
Care cittadine e cittadini di Spezia e non solo, vi scriviamo queste righe per raccontarvi cosa è stato e cosa vorremmo fosse ancora. A chi c’è stato, a chi avrebbe voluto esserci, a chi criticava e poi ha cambiato idea. A chi è felice che sia finita e chi ne sente già la mancanza. A chi non ne sa nulla. Quello che è successo in questi giorni rimarrà, piaccia o meno, tra le pagine di storia di questa città. E visto che pagine di storia ne vorremmo scrivere ancora tante insieme, vi dedichiamo queste righe.
Piazza Chiodo sarebbe rimasta vuota in occasione della fiera delle armi Seafuture. Uno spazio che, invece, abbiamo riempito di contenuti per trasformarlo in un luogo di discussione, cultura, organizzazione politica, incontri, socialità e cura. Dove era previsto un silenzio simile all’indifferenza, abbiamo lanciato un grido di umanità e di rabbia per una città e un mondo in cui non ci ritroviamo. In un’epoca di genocidio, guerre, violenza verbale e fisica, una manifestazione come Seafuture, in cui da anni si fa sfoggio delle armi come fossero indispensabili all’economia del paese e della città, non poteva che ricevere una risposta potente. Da questa piazza si è levato un grido che poi ha attraversato le piazze e le strade: riconvertire la produzione e gli spazi militari della città non è utopia, ma urgenza. Fermare le armi, fermare il genocidio, fermare la cultura di guerra e i ricatti morali e occupazionali per un mondo di pace è un’urgenza: nei porti, nelle fabbriche, nelle strade, nelle scuole. 
La violenza di oggi è come un veleno iniettato in decenni a dosi consistenti nelle vene dell’occidente e dell’Europa. Veleno che si traduce in indifferenza, razzismo, individualismo e disumanizzazione. La tragedia di Gaza, il genocidio in atto, le violazioni di qualunque diritto internazionale e umano in diretta social sono l’apice di un processo lungo fatto di canali umanitari mai aperti per quelle decine di migliaia di migranti, le cui morti inascoltate rendono il Mediterraneo il più grande cimitero al mondo. Violenza disumana che prepara il peggio. Violenza normalizzata come cifra della politica e del linguaggio pubblico. La guerra al posto del diritto. I ricatti tra morale e lavoro nella crisi economica in atto. Gli spazi pubblici privatizzati e militarizzati. La complicità del governo, la delegittimazione dello sciopero e il linguaggio di odio veicolato dai discorsi pubblici e dai media. 
Cari cittadini e cittadine, sono queste le urgenze e questo il senso di ingiustizia e di rabbia che hanno fatto nascere e crescere questa esperienza. 
In questa settimana di Acampada contro Seafuture ne abbiamo sentite tante. Attacchi, insulti, incapacità di ascolto. Diffidenza. Mentre il governo e parte della politica cercava di abbandonare uomini e donne che svolgevano un’operazione umanitaria definendoli irresponsabili, avventurieri velleitari, regatanti; mentre si diceva che “il diritto vale fino a un certo punto” per giustificare l’appoggio italiano allo Stato sionista, piazza Palestina Libera veniva descritta dall’amministrazione comunale come un luogo di degrado, di illegalità, causa del disagio cittadino. Falsità già ampiamente dimostrate. Miserabili tentativi spazzati via da una mobilitazione che è cresciuta giorno dopo giorno, come un ruscello che goccia dopo goccia diventa un torrente in piena. Questa è stata l’acampada, un torrente in piena, inarrestabile. Cittadini e cittadine, abitanti del quartiere che hanno dato sostegno a chi faceva vivere il presidio in Piazza Palestina, che ha portato cibo, che semplicemente si è avvicinato per un saluto. Che ha vinto la diffidenza comprendendo la portata dei temi della piazza.
Tutto questo si è tradotto nelle due giornate straordinarie di mercoledì e giovedì. Un corteo notturno, spontaneo, che diventava più grande a ogni incrocio. E poi lo sciopero generale del 3 ottobre: qualcosa di una potenza incredibile, una piazza con sindacati di base e confederale, studenti e studentesse, lavoratori e lavoratrici unite e uniti in un unico grande corteo.
E quindi leviamo le tende, ma non per dirci addio, ma per per restare. Questo è un arrivederci, perché le energie sprigionate in questi giorni non possono estinguersi facilmente. Perché il torrente in piena continua ad essere alimentato dalla nostra rabbia, di fronte alla disumanità e contraddizioni che ci soffocano. Perché di questo ossigeno di partecipazione dal basso che costruisce già la città, il lavoro e il mondo che vogliamo ne abbiamo tutte e tutti bisogno. 
Care cittadine e cittadini vi diamo quindi appuntamento giovedì alle 18.30 per assemblea pubblica Palestra di via Castelfidardo, piazza Brin. E poi per un evento in Piazza Brin insieme al Circo galleggiante.  
Leviamo le tende perché è giunto quel momento triste (almeno per noi) in cui andarsene da una piazza che ci ha ospitato. Aver aperto una discussione ampia e potente in città e averlo fatto con queste modalità è l’eredità più grande che pensiamo di portarci dietro e di lasciare alla città. La sensazione della forza della politica e della piazza. La forza della democrazia diretta, la forza conflittuale che muove la storia. 
Lasciamo in piazza Palestina Libera un pezzo di cuore. Ma non ci rattrista, perché il nostro cuore oggi è più grande e determinato che mai.
Grazie alla popolazione palestinese che resistendo e lottando per liberare la Palestina, ancora una volta liberano anche noi.
Grazie Spezia per le emozioni di questi giorni, grazie alla Sumud che ci ha dato coraggio, grazie per tutto quello che ci attende ancora.

Tre giorni, tre cortei

La Spezia, 3 ottobre 2025

Tre giorni, tre cortei, ogni giorno il doppio della partecipazione.
E’ mercoledì sera quando arriva la notizia che la Global Sumud Flotilla è stata sequestrata illegalmente dalla marina militare israeliana. Quella stessa marina che era stata invitata come ospite d’onore alla fiera bellica Seafuture, che finisce proprio il giovedì sera. 
Appena saputa la notizia, un corteo spontaneo di un migliaio di persone si raduna in pochi minuti in piazza Palestina Libera, dove da giorni si sta costruendo e sperimentando un diverso modo di vivere insieme, che non si basa sulla competizione, il machismo e la violenza di cui si fa brutta mostra dentro l’arsenale, ma sulla solidarietà e il mutuo aiuto, che parte dai gesti più semplici (cucinare per tutti, darsi i turni per pulire,..) fino a sbocciare in un moto di solidarietà internazionalista accanto alla popolazione palestinese. Quella stessa popolazione di Gaza che, mentre la flotilla si avvicina alle sue coste, nonostante i due anni di fame, genocidio, sterminio automatizzato ci mostra ancora una volta il volto dell’umanità: ci arriva notizia che i gazawi hanno messo insieme un po’ di cibo per accogliere la flotilla.
Ma la flotilla viene bloccata a pochi km dalla costa, e in tutta Italia, in tutta Europa le persone scendono in strada, stufe di stare a guardare. A Spezia parte un corteo selvaggio per le vie della città, che termina dopo ore all’Acampada. Si dorme insieme, ci si stringe nella forte emozione di questi momenti.
Giovedì sera la replica, ma stavolta il corteo è chiamato con più anticipo e le persone che partecipano sono oltre tremila: la città viene attraversata da gente arrabbiata ma felice di essere lì, il senso di impotenza degli scorsi mesi svanisce ad ogni corteo, ad ogni presidio, ad ogni coro contro il genocidio, contro la militarizzazione della città, contro il commercio di armi.
Il venerdì, oggi, è il giorno dello sciopero: come in tutta Italia, la parola d’ordine è, ancora una volta, quella di bloccare tutto, per Gaza, per la flotilla, per chi diserta ogni guerra.
Il corteo di venerdì è davvero impressionante, 10 000 persone con in testa i sindacati (di base e confederali insieme) sfilano per la città. L’emozione è tanta, le persone salutano dai balconi, scendono in strada, si uniscono al fiume in piena. E continueranno ad unirsi lungo tutto il corteo che dura più di 6 ore, partendo ed arrivando in piazza Palestina Libera. Alla fine del percorso, la maggior parte delle persone decidono di proseguire verso l’autostrada. Si cammina in una tangenziale vuota, bloccata in entrambi i sensi di marcia come promesso. I camion, in coda, suonano il clacson seguendo il ritmo dei cori, si mangia, si beve, si danza in mezzo alla carreggiata, a pochi metri dai capannoni di Leonardo e MBDA. L‘immagine è forte, da un lato la vita e la gioia del sentirsi finalmente forti, dall’altro quell’industria di morte che non si ferma nemmeno in questa giornata di sciopero generale. Dall’autostrada gli interventi risuonano chiari: siamo dalla parte dei lavoratori, anche di quelli che, costretti dal ricatto occupazionale, si trovano a dover lavorare per le industrie belliche, scendendo ogni giorno a patti con la propria umanità. Vogliamo liberarci dai padroni di aziende che si arricchiscono vendendo sistemi di morte e anestetizzando l’umanità dei lavoratori. Vogliamo la riconversione dell’industria bellica, verso attività e servizi utili al benessere di tutti, non solo alla ricchezza di pochi.
Il corteo continua, e quando la stanchezza si fa sentire si torna all’Acampada, dove il cibo preparato da chi era rimasto al presidio ci accoglie, insieme a musica, abbracci e qualche lacrima: una giornata storica, in cui una città intera è stata bloccata, dal basso, e ha alzato la testa contro l’occupazione militare che l’attanaglia.

IN RISPOSTA ALL’ARTICOLO PUBBLICATO SU GAZZETTA DELLA SPEZIA

“Non aggiungiamo odio all’odio”


La Spezia, 2 ottobre 2025

Carissima Rosa (ti chiamerò così se non ti dispiace: pur avendo tu firmato la lettera pubblicata stamattina sulla Gazzetta della Spezia il tuo nome non è stato reso noto).
Tu dici di sentirti ferita come lavoratrice di Leonardo perché noi dell’ Acampada abbiamo associato il nome dell’azienda a cui vendi il tuo lavoro al genocidio perpetrato dal governo di Israele a danno del popolo palestinese. Un popolo di cui ti auguri peraltro la libertà, proprio come noi. Vogliamo semplicemente dirti che su quegli striscioni non abbiamo scritto il nome tuo e degli altri lavoratori e lavoratrici, strette tra il ricatto attuato da un polo industriale che ha fornito e continua a fornire al governo israeliano gli strumenti per lo sterminio di civili e l’occupazione illegale delle loro terre e la necessità di un salario e di un posto di lavoro. Abbiamo scritto il nome dell’azienda che è responsabile di tutto ciò e che utilizza te e le tue colleghe per ricavare profitto dalle 56 guerre attive nel mondo.
È profondamente ingiusto che l’economia di questa città sia asservita all’industria delle armi e subalterna all’ arroganza della Marina militare, che occupa spazi e territori vocati al mare per perpetuare un assurdo futuro di guerra spacciato per difesa e sviluppo. È difficilissimo in un contesto simile dare ascolto alla voce della coscienza che alla fine della giornata e della vita è forse l’unica che merita di essere ascoltata. È altrettanto ingiusto lasciarti sola a misurare dolorosamente la distanza dei tuoi desideri dai fini della tua azienda. Da decenni chi rappresenta i lavoratori non comprende a sufficienza che la riconversione dell’Industria bellica non solo è conveniente ma necessaria e non ha il coraggio di aiutare le lavoratrici e i lavoratori a immaginare un futuro diverso. Quel futuro nel nostro piccolo, ma con tutta la nostra passione, stiamo provando a immaginarlo insieme. Vieni all’Acampada in piazza Palestina libera ex Piazza Chiodo già questa sera, all’assemblea generale; partecipa con noi domani allo sciopero generale. Vorremmo farti un altro invito, ossia quello di custodire il disagio che il nostro striscione ti ha provocato così come noi ci prendiamo cura delle ferite che gli insulti di una parte della città e dei media di questo paese riservano a noi e ai nostri fratelli e sorelle della Sumud flotilla. Insieme troveremo il modo di curarci a vicenda, e troveremo il coraggio come la tua omonima afroamericana, di non alzarci più in piedi agli ordini di chi ci vuole silenziosi complici della guerra, lavoratori obbedienti, studenti docili e conformisti, soldati pronti a partire. Un abbraccio, Palestina libera e liberiamoci dalle armi

SEAFUTURE: LA FIERA DEL SOPRAMMOBILE O LA FORNITURA DEI GENOCIDI?
La Spezia, 1 ottobre 2025

A seguire l’ufficio stampa di SeaFuture, il dubbio viene. Dunque proviamo a superare la narrazione orwelliana con la cruda realtà. I maggiori fornitori di armi del governo israeliano sono gli Stati Uniti (66%) lla Germania (3%) e l’Italia (1%).

Senza scomodare il rapporto “From economy of occupation to economy of genocide” della Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967, Francesca Albanese datato (30 giugno 2025), il 17 luglio 2025, il quotidiano britannico indipendente The Guardian, titolava: “European missile group MBDA selling parts for bombs that have killed children in Gaza“.

Secondo l’inchiesta, MBDA, avrebbe venduto, tramite una triangolazione che eluderebbe certi vincoli, componenti chiave per le bombe che sono state spedite a migliaia in Israele e utilizzate in molteplici attacchi aerei, responsabili di morte di civili e bambini palestinesi. E le forniture della stessa azienda alle forze armate in Ucraina. Si perchè, almeno per ora, sul conflitto russo-ucraino si sono abbassati i riflettori, o meglio, si sono attenuati. Tuttavia l’azienda in questione ha una fornitura di missili Samp-T e Storm Shadow, L’Italia ha acquistato per la prima volta lo Storm Shadow da Mbda nel 1999 e ne ha ricevuti circa 200, utilizzandoli durante l’operazione Nato in Libia nel 2011.

Che dire poi dei pezzi di ricambio del caccia addestratore M-346 o dell’elicottero addestratore AugustaWestland AW119, prodotti da Leonardo? Si tratta di contratti di fornitura firmati nel 2012 e di consegne avvenute nel 2024. Senza dimenticare una delle eccellenze italiane, e soprattutto spezzine, come il cannone navale 76/62, montato sulle unità israeliane che bombardano i civili nella striscia di Gaza.

Nel 2024, quello che sono report di bilanci di aziende leader, eccellenza della produzione, vanto del made in Italy, quota 5,2 milioni di euro. Soldi che grondano il sangue di uomini, donne, bambine e bambini straziati in Palestina e negli oltre 50 conflitti armati in tutto il mondo.

A questo si aggiunge il supporto tecnico e militare. A Luni, nella piana del Magra, è prevista la realizzazione del “Rotary Wing Mission Training Center (RWMTC)”, un centro di addestramento per piloti di elicotteri militari voluto dall’azienda israeliana Elbit Systems e approvato all’interno del Documento programmatico pluriennale della difesa italiano. L’infrastruttura utilizzerà simulatori avanzati per formare piloti di elicotteri italiani e stranieri, integrandosi con i simulatori già esistenti nella stazione elicotteri della Marina Militare (MARISTAELI Luni).

Di fronte a questa realtà, di fronte al dramma che vive la popolazione palestinese ed ogni altra popolazione che subisce la guerra o il genocidio (come accade ad esempio in Sudan), sentire associare eccellenze, fiori all’occhiello, e altre amenità alle armi in esposizione e vendita a SeaFuture risulta oltre i limiti delle dignità umana.

 

RISPOSTA A FORCIERI
La Spezia, 1 ottobre 2025

Nonostante la città della Spezia abbia urlato e continui a urlare davanti all’Arsenale Militare la sua contrarietà alla fiera di armi e di morte denominata Seafuture, dentro le mura blindate della base navale spezzina tutto continua a svolgersi come se niente stesse accadendo, con l’arroganza dei poteri cosiddetti forti ma in realtà sordi e ciechi, incapaci di comprendere la rottura che in città si è prodotta.

E così il presidente del Distretto Ligure delle Tecnologie Marine, ex presidente dell’Autorità Portuale (condannato in primo grado per reati che sarebbero stati commessi durante il suo mandato) ex senatore e sottosegretario alla Difesa, ha dichiarato che chi contesta Seafuture assume una “posizione velleitaria”, cioè cervellotica, illusoria, irrealizzabile.

Forcieri, dall’alto della sua esperienza e del suo curriculum, insiste e afferma la necessità di confermare, di più, ampliare la manifestazione nei prossimi anni. Per sostenere e argomentare il suo entusiasmo verso la fiera delle armi letali enfatizza i premi Awards attribuiti agli studenti meritevoli che hanno presentato progetti (caratterizzati con la solita foglia di fico del dual use) sviluppati in stretto rapporto con le aziende, premiati attraverso un’innovazione che ricorda il festival di Sanremo: saranno proprio le aziende espositrici a Seafuture a decretare i vincitori. Si dà il caso però che Seafuture sia un festival di armi letali e non di canzonette.

In altre parole, assistiamo al triste spettacolo di aziende belliche che premiano gli studenti della nostra città. Ci chiediamo perché alcuni docenti del Capellini-Sauro, nonostante il generoso tentativo in direzione opposta da parte di un gruppo di colleghi, abbiano abdicato alla loro primaria funzione sociale, permettendo che una giuria composta dai produttori del polo armiero, responsabile di fornire gli strumenti della guerra e del genocidio in giro per il mondo, giudichi i propri studenti. Noi diciamo che la scuola non deve appiattirsi sul rapporto con le aziende, tanto meno con aziende belliche; la scuola deve essere un luogo di educazione alla pace e alla convivenza tra i popoli. Invitiamo il signor Forcieri a una maggior cautela nell’esprimere il suo entusiasmo, vista la mobilitazione che in città si è sviluppata contro la fiera bellica. Seafuture ha mostrato un altro volto della città, una città che noi vogliamo demilitarizzare, un porto e un mare che vogliamo trasformare in mare di pace.

Noi dell’Acampada abbiamo un’idea diversa di futuro e sapremo costruirlo per il popolo palestinese e anche per noi; in città e nell’intero paese si è aperta una nuova fase nella quale le parole del sig. Forcieri sembrano arrivare dal secolo scorso e lì sono destinate a restare.

Riconvertiamo Seafuture – Coordinamento Restiamo umani

COMITATO RICONVERTIAMO SEAFUTURE: LA SCHIZOFRENIA ISTITUZIONALE SI PUO’ CURARE CON UN SOPRALLUOGO
La Spezia, 30 settembre 2025

 

Siamo sconcertati e sconcertate della campagna denigratoria che sta investendo un momento appassionato di partecipazione democratica e orizzontale nella nostra città.
C’è una Spezia che è indignata del fatto che il nostro territorio ha delle responsabilità anche nel genocidio che è in corso a Gaza, che chiede a gran voce diplomazia e cessate il fuoco e non vendita di armi. Una città che è inorridita dalla mercificazione di morte che va in scena proprio a SeaFuture, fiera militare-navale che viene spacciata per innovazione.

Il sindaco Peracchini, il giorno 25 settembre (ben prima dell’arrivo dell’acampada) ha emesso un’ordinanza di divieto di fermata eccetto i mezzi del servizio trasporto pubblico per Piazza Chiodo, nel tratto compreso tra Porta Principale Arsenale M.M. e Rotatoria Oriana. Come si può leggere anche su diverse testate giornalistiche locali, questa modifica alla circolazione avviene in occasione della fiera (bellica) Seafuture, per garantire l’ordine e la sicurezza pubblica.

Ieri la Provincia, retta dallo stesso Peracchini, emana un comunicato in cui contraddice la sua stessa ordinanza di pochi giorni precedenti, attribuendo la responsabilità del cambio di viabilità all’acampada contro Seafuture. Una giravolta allucinante, ma anche grave perché falsa ed allusiva di responsabilità inesistenti.

“A causa dell’imprevista manifestazione in corso che ha portato ad una occupazione abusiva di Piazza Chiodo, il transito dei mezzi del trasporto pubblico locale, sia per le linee urbane che extra urbane, che avrebbe dovuto attraversare o avere capolinea in quella piazza, subirà delle modifiche e seguirà un tracciato alternativo con l’oggettiva abolizione di alcune fermate, oltre a creare un aggravio al traffico cittadino”.

Ciò non corrisponde al vero, poiché il passaggio dei mezzi è praticabile e accessibile. Dunque perché mentire sapendo di mentire? Questa criminalizzazione del dissenso è inaccettabile, da parte di chi, rappresenta le istituzioni democratiche ed è autore di un’ordinanza che vieta il passaggio di mezzi privati in piazza Chiodo, quindi l’Acampada non lede alcun diritto di nessun cittadino. Forse Peracchini avrebbe dovuto porre maggiore attenzione alla gestione del traffico in viale Fieschi, che nel giorno dell’inaugurazione della fiera bellica SeaFuture era al collasso, grazie all’unico ingresso a porta Ospedale.

Al termine della partecipatissima manifestazione di sabato 27 settembre il comitato ha annunciato l’istituzione del presidio permanente in piazza Chiodo, oggi e fin quando resterà, Piazza Palestina libera. Da quel giorno il passaggio dei mezzi pubblici, come è possibile constatare con un banale sopralluogo, è garantito. Forse da fastidio che parte della città, ogni giorno, si confronti e discuta sulla necessità di cambiare verso un altro mondo possibile, pacifico, sostenibile realmente, equo e giusto.

Invitiamo il sindaco, nonché presidente della Provincia, a confrontarsi con il nostro comitato e con i cittadini che partecipano ogni giorno, sia sulla gestione del traffico sia sulle prospettive economiche e belliche del nostro territorio. Se le due cariche venissero insieme, si potrebbe evitare di fare un giorno un’ordinanza che, di fatto, consente all’Acampata di esistere, e di questo ne siamo grati, e il giorno dopo di inventare emergenze che non esistono.

COMUNICATO STAMPA DALL’ACAMPADA PERMANENTE DI PIAZZA PALESTINA LIBERA
La Spezia, 30 settembre 2025

 

Siamo le persone che hanno costruito il gigantesco corteo del 27 settembre contro Seafuture, la fiera militare-navale che ha avuto la sua inaugurazione proprio oggi.
Siamo i Liguri Apuani che hanno deciso di costruire una Acampada, un presidio permanente in Piazza Palestina Libera, ex Piazza Chiodo, e dall’arrivo del corteo abbiamo aperto questo nuovo spazio di elaborazione, confronto e azione contro il genocidio in Palestina e la militarizzazione del nostro territorio, un’economia incentrata sulla guerra portata avanti dalle amministrazioni di tutti i colori politici.
É cruciale per noi ribadire se ce ne fosse ancora bisogno , che la Fiera bellica Sea Future é il simbolo palpabile di un sistema ed un indotto economico che é legato a doppio filo con il genocidio in corso in Palestina e che contribuisce ad armare i più di sessanta conflitti in corso in tutto il mondo.
Da anni denunciamo che la guerra comincia da casa nostra e il momento della fine lo stiamo costruendo adesso, non è arrivato dall’alto, arriva dalle persone.

Stiamo continuando la mobilitazione perché le nostre rivendicazioni non hanno smesso di esistere dopo il corteo, anzi abbiamo raccolto ancora più forza ed energia. Chiediamo che:
1. Seafuture sia riconvertito alla sua mission originaria: una fiera internazionale dell’area mediterranea dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo delle tecnologie civili inerenti al mare, per promuovere la sostenibilità ambientale e sociale, e l’apertura ai civili degli oltre 900000 metri quadri che l’arsenale militare occupa da oltre 150 anni.
2. Il blocco del trasporto di armi dentro e fuori i porti della nostra città: da tutto il mondo si risveglia un sentimento comune, un dissenso che non può essere ignorato.
3. la riconversione immediata di tutto il comparto bellico e del suo indotto verso un’economia che promuova l’ecologia e la cura del territorio.

 Mentre una parte di noi rimarrà all’Acampada in Piazza Palestina Libera per i concerti e la serata come da programma altrə di noi parteciperanno al presidio sotto il Palazzo Comunale in Piazza Europa e invitiamo tuttə a far girare la comunicazione!
Riconvertiamo Seafuture- Coordinamento Restiamo Umani 

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